È stato osservato, in sociolinguistica, uno strano fenomeno: è infatti raro, quasi impossibile, utilizzare la parola “Gressoney” in una frase che non includa anche la parola “toma”. E viceversa. Sono come sale e pepe, la toma e Gressoney, ma questo certo non vuol dire che da queste parti si mangino solo queste gustose forme d’alpeggio. La deliziosa mocetta di camoscio, l’arrosto di capriolo, e gli sfiziosi Chnéffléné, gnocchetti di uova e farina derivati dalla tradizione walser. La ricetta originale prevede siano accompagnati dalla cipolla brasata, ma sono spettacolari anche conditi con panna e speck.
Gli Chnéffléné sono solo uno degli innumerevoli lasciti di cultura walser custoditi dalla Valle di Gressoney: anche dove non ce li si aspetterebbe, come nel meraviglioso castello che qui fece erigere Margherita di Savoia, dove troviamo la regina ad attenderci in abito tradizionale walser in uno dei suoi numerosi ritratti. È giusto fare un salto qui, prima di lanciarsi alla scoperta di alcuni dei trekking più belli della valle, tra boschi di larici tinti di giallo-arancio-ruggine, molti dei quali attraversano proprio gli insediamenti degli antichi mercanti della valle. Alpenzu Grande e Alpenzu Piccolo, ad esempio, raggiungibili in un paio d’ore di passeggiata non troppo difficile dalla località Tschemenoal, appena a nord di Gressoney-Saint-Jean. Si tratta di due dei pochi insediamenti walser che conservino ancora intatta la loro architettura, essendo stati abitati fino ai primi anni del ‘900 da un centinaio di persone. E la vista sul Monte Rosa, da quassù, non si batte!
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