Che Jugoslavia significa Slavia del Sud, si è detto. Eppure, Balkan è una parola turca, che significa semplicemente montagna. Prima ancora, parole come Dalmazia e Mesia, erano i nomi utilizzati dai Romani per queste province. Il cirillico, utilizzato in parte consistente della regione, prende invece il nome da San Cirillo, greco di Tessalonica che per primo creò un alfabeto agli Slavi al fine di convertirli al cristianesimo, e non è un caso che i paesi che adoperano l’alfabeto latino siano invece a maggioranza cattolica.
Già da sola la toponomastica, nei Balcani, racconta, a chi le sa cogliere, tracce di una storia complessa e stratificata di cui tutti ricordano soltanto il drammatico epilogo di qualche decennio fa, il cui emblema è una capitale come Sarajevo, definita la Gerusalemme d’Europa per la coesistenza di moschee, sinagoghe, chiese cattoliche e ortodosse e che, come ogni Gerusalemme che si rispetti, ha avuto anch’essa la propria dolorosa “crociata”, di cui ancora porta addosso le cicatrici.
Come sempre, tuttavia, ogni finale non è altro che l’inizio di una storia nuova tutta da scrivere. È così che, oggi, quelli che sono quattro paesi diversi, aprono le porte e si raccontano ai viaggiatori de Le Vie del Nord: Belgrado, Sarajevo, Mostar, Dubrovnik e Kotor: alcuni dei luoghi iconici del Novecento europeo propongono un mix di storia, cultura e paesaggi meravigliosi, cascate e Parchi Nazionali.
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