Quando danza Teshigawara (Leone d’Oro alla carriera della Biennale di Venezia) non sembra quasi un essere umano: la sua capacità di rendere visibili le alterazioni di emozioni e dell’energia da cui si fa attraversare, toccando apici opposti, dalla più sottile tensione e sospensione alla più alta velocità di azione, fanno di lui un interprete veramente unico.
Con lui, la compagna storica nei suoi lavori, la danzatrice Rihoko Sato, collaboratrice assidua del coreografo che affianca anche come assistente e con il quale condivide spesso il lavoro di creazione e di formazione.
In Ophelia, Rihoko Sato ritrae una donna che perde l’amore e il senno. Non lo esprime con l’espressione del viso né con una danza folle. Balla fluidamente in una spirale. Teshigawara, che è Amleto, appare e scompare come un’ombra. Quando lui la mette di fronte a sé stesso, lei si innamora e diventa vittima di tutti i conflitti. È come se fluttuasse nell’amore eterno che ha finalmente trovato, guardando lontano nel raggio del sole, accettando una morte piena di amore.
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