È un mix di cereali e di legumi, le cui farine, unite in proporzioni variabili, vengono da secoli usate per preparare i tradizionali rascatielli, una pasta ottenuta lavorando a mano acqua e farina: l’ultimo Presidio Slow Food in ordine di tempo a venire presentato arriva dalla Basilicata ed è il mischiglio. Siamo nella valle del Serrapotamo, in provincia di Potenza, ai piedi del Parco Nazionale del Pollino. Qui, per secoli, i contadini hanno fatto di necessità virtù: siccome la farina di grano scarseggiava, essendo la moneta con cui i contadini pagavano le gabelle al regno dei Borboni, perché non unire al rimanente quella di fave e ceci?
Una storia di privazione che diventa memoria di una comunità
«Il mischiglio, nato da una storia di privazioni e di subalternità, è diventata una storia di comunità, di valore, di riappropriazione, una memoria che prende forma e si fa attiva per continuare a narrarsi» spiega Anita Ferrari, referente Slow Food del Presidio del mischiglio. Seppur frutto di necessità, il mischiglio è tutt’altro che una farina povera: «A livello energetico è piuttosto sostanziosa, capace di assicurare energia a chi lavorava tutto il giorno nei campi» aggiunge Giuseppe Arleo, che del Presidio è il referente dei produttori. La zona di produzione del Presidio comprende le località di Chiaromonte, Teana, Fardella e Calvera e i comuni confinanti e in ogni paese il mischiglio si fa a modo proprio: se a Teana e a Fardella è composto per metà da grano Carosella (da tempo sull’Arca del Gusto) e per metà da farina di fave, a Chiaromonte e Calvera si usa un terzo di grano duro Senatore Cappelli, un terzo di grano tenero Carosella e un terzo di legumi, orzo e, quando necessario, avena.
Ciò che accomuna tutti è la ricetta della tradizione: i rascatielli, che vengono conditi con una salsa di pomodoro, aglio e basilico, detta scind scind. Quasi una zuppa, a cui talvolta si aggiunge del peperone crusco a scaglie, che può anche essere mangiata con il cucchiaio o con il pane.
Dal campo alla tavola, una filiera completa
«Nella nostra zona, come in molti altri angoli d’Italia, la popolazione invecchia perché i giovani se ne vanno, a volte per lavorare e altre per studiare, ma senza poi far ritorno a casa» prosegue Arleo. Ma chi rimane sa come fare rete: «Al Presidio Slow Food del mischiglio aderiscono cinque coltivatori, due mulini che trasformano la farina e tre pastifici: per fortuna abbiamo una filiera chiusa, intera». Una piccola ma significativa storia di economia locale che, valorizzando «un prodotto identitario profondamente espressivo della dimensione socio-culturale ed etno-antropologica della Basilicata, con specifico riferimento all’area del Pollino», come lo definisce Ferrari, guarda al futuro: perché il mischiglio «è un unicum, un capolavoro di biodiversità, anche culturale».
«Abbiamo fortemente sostenuto il Presidio Slow Food del Mischiglio, prevedendo anche un contributo economico per la candidatura, poiché queste azioni ben si coniugano con l’azione di tutela e di valorizzazione delle biodiversità proprie di ogni area protetta – conclude la presidente del Parco Nazionale del Pollino, Valentina Viola –. Siamo anche certi che questo percorso sarà un’occasione di aiuto e di reale valorizzazione che coinvolgerà direttamente i territori con gli operatori del settore insieme ai Comuni dell’areale già impegnati con la Via del Miskiglio con azioni di animazione e recupero di questo antico prodotto».
Il Presidio Slow Food del mischiglio è sostenuto dal Parco Nazionale del Pollino.
Il mischiglio è sul Geoportale della Cultura Alimentare (GeCA), il progetto promosso dall’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale (ICPI) e finanziato dal Programma Operativo Nazionale (PON) Cultura e Sviluppo.
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